Il primo presidente del Comitato di Roma fu il senatore milanese Antonio Allievi (1824 – 1896).
In origine patriota mazziniano, Allievi diventò poi un sostenitore della soluzione monarchico-unitaria del Risorgimento, e fu vicino a Cavour che gli affidò diversi incarichi di responsabilità.
Fu eletto deputato nel primo Parlamento del Regno d’Italia e nominato senatore nel 1881.
I suoi interessi prevalenti riguardavano i campi dell’economia, delle finanze, del credito agrario e, da esperto, si adoperò per la diffusione delle Casse di risparmio e per l’espansione della rete ferroviaria.
Ecco l’affettuoso profilo che ne traccia Gian Francesco Guerrazzi nei suoi Ricordi di Irredentismo – I primordi della Dante Alighieri. 1881-1894 :
“Debbo or ricordare anche un vecchio il quale, con grande amore, in quei primordi, dedicavasi al comitato romano. Era questa persona sotto ogni aspetto grave: – il senatore Antonio Allievi, milanese, glorioso avanzo delle Cinque Giornate e partecipe, con la moglie, alla strenua lotta nazionale di tutta Milano nel memorando decennio fra Novara e Solferino. Egli era stato, pure, con Cesare Correnti, a porre in luce la spoliazione economica dell’Austria compiuta in danno delle sue provincie italiane. Egli copriva, allora, ben cospicue cariche nel mondo bancario. Presidente della pericolante, allora, Banca Generale – che doveva poi precipitare – carico di occupazioni, non sdegnava affatto di uscire, spesso, la sera per andare a presiedere l’assemblea dei soci del comitato romano o le sedute del Consiglio di questo, le quali, in quei tempi esagitati, assai frequente si adunavano per le più uggiose ed infeconde discussioni. A queste il senatore Allievi assiduo presiedeva, riuscendo a contenerle, a conciliare animi e propositi» (p. 282)” .
Sempre Gian Francesco Guerrazzi ci fa entrare, poi, nel vivo delle attività del nascente Comitato di Roma:
«Quando io volgo il pensiero a quello che era allora, il comitato locale di Roma, tosto si presentano alla mia mente i nomi di Ettore Tolomei e di Emilio Venezian, per quanto essi si adoprarono, infaticabili, a mantenere in vita e a far prosperare questo comitato. Rammento, e ciò mi fa sorridere, come essi – giovani principalmente di lavoro e di pensiero, dalla austera vita di ancor recenti esuli, negazione di ogni mondanità – per rinsanguare l’anemico bilancio del comitato romano e porlo in grado di mandar qualche soccorso laddove maggiore era il bisogno, davansi premura di promuovere ed organizzare, a beneficio di quella, veglioni e mondanissime feste. Rammento Arturo Galanti, nello stesso tempo, accanirsi all’improbo officio di far nuovi soci» (pp. 281-282)”.
In effetti, il problema di accrescere il numero dei soci era cruciale per la sopravvivenza dei comitati locali e più in generale per tutta la “Dante”.
Sull’argomento si sofferma anche il presidente Allievi nella lettera del 21 marzo inviata ai soci, a nome del Consiglio Direttivo del Comitato, per invitarli a partecipare al banchetto che si sarebbe svolto la sera del prossimo 26 a conclusione del Congresso generale della Società.
«Approfittiamo dell’occasione, scrive Allievi, per ricordarvi che nel dare opera per aumentare il numero dei soci, dal quale principalmente dipende la prosperità del nostro Sodalizio, possono inscriversi socie anche le Signore».
Ma la lettera del 21 marzo 1890, custodita nell’Archivio Storico della Dante Alighieri (ASDA), è anche importante perché ci permette di conoscere la composizione dell’organigramma del Comitato, che figura in calce al testo. Eccolo:
Comm. Sen. ANTONIO ALLIEVI, Presidente – Prof. VITTORIO SCIALOIA, Vice-presidente – Avv. PILADE MAZZA , Vice-presidente – Prof. ARTURO GALANTI, Segretario – Avv. GIOVANNI AMICI, Cassiere-Economo – Avv. SALVATORE BARZILAI, Avv. LUIGI BASSO, Avv. CAMILLO GIULIANI, ARNALDO TOLOMEI, Ing. EMILIO VENEZIAN, Dottor GAETANO VITALI, Consiglieri
Scialoja, all’epoca professore ordinario di Diritto Romano a “La Sapienza”, Mazza, Amici, Basso e Vitali figurano tra i 157 sottoscrittori del Manifesto agli Italiani, appartengono dunque ai “Padri fondatori” della Società.
Degli altri, va senz’altro segnalato Arturo Galanti (1854-1920) che fu a lungo anche membro del Consiglio Centrale della Società e che si dedicò in modo particolare alla diffusione del libro italiano presso le nostre comunità dell’estero, ricoprendo il ruolo di presidente della “Commissione dei libri”, istituita nel Congresso della Società che si tenne ad Udine nel 1903. A Galanti si deve anche la prima sommaria ricostruzione delle origini della “Dante” ( dattiloscritto in ASDA).
Quanto ad Emilio Venezian, esule triestino, si tratta del fratello di Giacomo, l’appassionato promotore della nascita della “Dante Alighieri”; mentre Arnaldo Tolomei, che Guerrazzi, il quale scriveva a molta distanza di tempo, confonde con Ettore, l’uomo che “inventò l’Alto Adige” (M. Ferrandi), era un esule roveretano, studioso di archeologia romana, che dedicò all’argomento uno studio intitolato La via Cavour e i Fori imperiali (Roma, 1903).
All’epoca la sede del Comitato era a Palazzo Cini, in Piazza di Pietra.